Vivalpi - La passione per le piante alpine
La coltivazione delle piante alpine
Coltivare piante alpine non è difficile. Il segreto sta nel comprendere che queste minuscole piantine, a dispetto del loro aspetto a volte gracile e delicato, vivono in condizioni estreme e sempre debbono la loro sopravvivenza al loro specifico habitat. Benché molte di loro godano di una certa rusticità, non possiamo coltivarle in condizioni troppo diverse da quelle naturali.Tanto più ci avvicineremo a riprodurre la struttura ecologica originaria, maggiormente potremo ottenere buoni risultati. E’ necessario avere a portata di mano alcuni parametri fondamentali, quali tipo di terreno ( acido, normale, basico ) esposizione ( da totalmente assolata ad ombra ), natura del terreno ( normale,umido, secco ) e così via. Per questo motivo è fondamentale conoscere la zona d’origine della singola specie e l’habitat in cui essa vive allo stato spontaneo. Quando acquistiamo una nuova piantina dobbiamo richiedere le informazioni e tra queste dobbiamo pretendere che ci venga dato il nome corretto ( quanti errori grossolani nei cataloghi ‘Made in Italy’ …). Spesso vengono venduti esemplari di piante delle quali non viene specificata l’origine e la scarna letteratura nazionale disponibile certo non aiuta a far luce. Sovente abbiamo visto cespi di genziane, stelle alpine o sassifraghe piantate con qualche colpo di zappa in mezzo al solito prato ( magari umido e zeppo di specie infestanti ). Nel giro di poco, i bei cespi che avrebbero vissuto per anni in un’aiuola baulata o in roccera, spariscono lasciando dietro di sé la nomina di piante impossibili da coltivare ! Quante volte abbiamo sentito ripetere i racconti di insuccessi legati alla coltivazione di specie invece assai rustiche che però erano state strappate alla montagna senza troppo buon senso ! A farne le spese, sempre begli esemplari di stelle alpine, genziane, sassifraghe, genepì e cuscinetti di silene, per citare le “vittime”più comuni. Tutte piante che, coltivate da seme, danno risultati ottimi anche in pianura se si rispettano delle semplici regole. Per esempio, la bella stella alpina, perde il suo aspetto compatto e feltroso se coltivata con terricci troppo ricchi ed in assenza di sole diretto, il genepì allo stesso modo, non ama i terreni fradici e andrebbe riparato dalle eccessive precipitazioni estive che provocano marcescenza . Per questo motivo i terricci devono drenare in modo impeccabile : è una regola che vale per tutte le piante rupestri. Può essere d’aiuto coltivare le specie più delicate in posizioni verticali, magari ponendo al di sopra, una lastra di pietra che ripari il colletto della pianta ( per le più delicate si pone una lastra di vetro che le ripari totalmente dalla pioggia ). Molta attenzione va data anche al ph del terreno. Per esempio numerose varietà di genziane non tollerano i terreni calcarei che le annientano ma sono rigogliose nel substrato adatto. Allo stesso modo specie calcicole vegetano male in terreni troppo acidi. Uno degli errori ricorrenti nella coltivazione delle piante è lo sradicamento o il trapianto in piena fioritura. L’esemplare non si salva quasi mai, perché oltre allo stress della fioritura si aggiunge quello del trapianto : troppo anche per una specie rustica ! Molto meglio effettuare trapianti quando la piantina è a riposo : in autunno o primavera presto è il periodo migliore. Da evitare i periodi troppo caldi e asciutti ( guai se c’è vento ! ). Utilizzando specie già “stabilizzate” in vaso, si elimina totalmente il rischio di decadimento e la piantina torna presto a vegetare. Invece di utilizzare piante con fiori in boccio, sarebbe meglio consultare i cataloghi e scegliere le varietà che interessano, anche a prescindere dai periodi di fioritura : spesso sono immesse in commercio specie “forzate” al caldo che poi fioriscono l’anno successivo in periodi diversi da quello che ci si aspettava. Infine non tormentare le specie con continue attenzioni, irrigazioni eccessive e concimazioni troppo abbondanti : per la maggior parte delle varietà si tratta di piante che in natura vivono abbarbicate su crepe di rocce ed hanno bisogno di un ambiente povero di sostanze nutritive e acqua per vegetare bene. Come accennato, una buona regola per coltivare le perenni alpine, è conoscere l’ambiente naturale in cui vivono : se riusciremo a “simularlo” più fedelmente possibile, avremo piante rigogliose che in molti casi si riprodurranno da sole. Inoltre non è certo che le fioriture avvengano già nella prima stagione : molte perenni alpine, sono assai longeve ma necessitano di alcuni mesi per adattarsi. Poi fioriranno con regolarità ma possono tardare se messe a dimora all’ultimo momento ( può anche capitare che piante in boccio abbandonino il fiore a vantaggio della ripresa vegetativa se trapiantate fuori termine ). Non bisogna scoraggiarsi perché solo l’esperienza e la pazienza portano a buoni risultati !
Anche nel nostro vivaio, le perdite non mancano, soprattutto con le specie che conosciamo poco. Individuate le necessità colturali delle singole varietà, le perdite si riducono al minimo e si ottengono i risultati desiderati. In vaste aree dell’Italia settentrionale possiamo “approfittare” di un clima adatto alla coltura delle specie montane che sono invidiate altrove. Inutile disperarsi sull’impossibilità di mantenere specie mediterranee e sub tropicali. Meglio pensare ad un rigoglioso giardino montano ( i maestri inglesi insegnano) che avvilirci per la perdita ricorrente di piante non rustiche. Da tempo abbiamo realizzato dei test attraverso coltivazioni effettuate in città : è significativo notare che da oltre tre anni, sono mantenuti in vaso su terrazzi di Torino, rigogliosi esemplari di Lewisie, Genziane ( splendide quelle del gruppo acaulis e le orientali ) Androsaci, Sassifraghe ecc. Dunque, largo a queste meraviglie che parlano di valli fiorite e orizzonti alpini : sarebbe un peccato non tentare di conoscerle meglio !
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